Scomparsa di Saman, Mahmoud (PD): “È un crimine contro una donna, non di religione”

Marwa Mahmoud, PD – La vicenda di Saman Abbas “a mio avviso dovremmo affrontarla e discuterne principalmente come violenza sulle donne, come una terribile violazione dei diritti umani. Parlare di questo crimine associandolo unicamente all’origine, alla nazionalità e alla fede della famiglia sarebbe un gravissimo errore. Una semplificazione che finirebbe per etnicizzare un reato che è quello dei matrimoni forzati”.

A dirlo è Marwa Mahmoud, consigliera comunale del Pd a Reggio Emilia eletta nel 2019 in Comune dove è presidente della commissione Diritti umani.

Musulmana, nata ad Alessandria d’Egitto, da più di 35 anni vive nella città emiliana e di recente ha sollecitato il Partito democratico ad un presa di posizione più decisa sul caso di Novellara.

“Ricordiamoci che qui da noi, in Italia, solo nel 1981 il delitto d’onore è stato abrogato dal codice penale. Fino a quel momento vi erano grandi attenuanti per le pene di femminicidio”, sottolinea Mahmoud.

I “cambiamenti culturali necessitano di tempo, ciò che importa è prenderne atto, rimboccarsi le maniche e fare la propria parte, ciascuno nel proprio piccolo”, conclude la dem.

“Il primo pensiero, come Imam e musulmano italiano, è la preghiera per la salute e la vita di questa ragazza che, speriamo, sia ancora viva, oltre alla volontà di sensibilizzare i suoi parenti a ritrovare la vera priorità, che è la vita della loro figlia e nipote”  ha rivelato all’Adnkronos Così Yahya Pallavicini, Imam nella moschea di Al-Wahid di Milano e presidente della Coreis-comunità religiosa islamica italiana.

“Perché l’incapacità di comprendere e conoscere l’Occidente e la modernità, oltre a una difesa conservatrice di usi e costumi male interpretati, sono elementi che messi insieme possono creare un cocktail esplosivo”.

“Senza dubbio -spiega Pallavicini- il fatto dimostra che c’è una distanza tra modernità e tradizione; c’è una sfida culturale, psicologica e familiare tra Oriente e Occidente e tra tradizione e modernità”. E “questo è importante chiarirlo perché non bisogna confondere delle identità culturali con delle interpretazioni religiose”. Del resto, sottolinea, “il matrimonio combinato non è prescritto da nessuna parte e tutto ciò che è contrario è vietato e punito”. In ogni caso “non esiste che dei genitori possano maltrattare o uccidere i propri figli, maschi o femmine che siano. Non c’è religione o dottrina che possa mai prescrivere una cosa del genere”. Ciò che invece “tutte le religioni prescrivono sono la salute, il rispetto e la dignità di genitori e figli. E’ l’amore per la vita”. Quindi “cerchiamo di non confondere il tribalismo con l’identità culturale, né il formalismo apologetico o pseudoreligioso con la religione vera e propria. Qualunque religione sia”. Si tratta di “un discorso universale”.

In “Europa meridionale, così come è accaduto nel Sud d’Italia con i delitti d’onore, si tratta comunque di fenomeni ormai superati; quanto a noi, come leader religiosi, dobbiamo affermare con forza che questa pratica non esiste e non ci sono soluzioni se non quella di spingere all’amore e al rispetto dei giovani nelle loro nuove sfide. L’Islam e il Pakistan non c’entrano, bisogna piuttosto riscoprire l’istinto naturale per il bene e per la vita. Che è sacra, per tutte le religioni. Anche per chi non crede”.

Per fortuna, afferma Pallavicini, “i numeri sono relativi”, anche se “per quanto pochi, sono comunque spiacevoli”. Quanto alle cause, “sono soprattutto di ordine psicologico: l’incapacità di comprendere e conoscere l’Occidente e la modernità, oltre a una difesa conservatrice di usi e costumi male interpretati della propria radice nazionale o religiosa o culturale, sono elementi che messi insieme fanno un cocktail esplosivo”. Cioè “non conosco la mia identità, ho paura dell’identità del Paese in cui mi trovo e di non saper gestire i miei figli che qui crescono e, su questa base, scattano soluzioni assurde e pericolose”.

E’ inoltre importante sottolineare, avverte Pallavicini, che la questione va risolta con le leggi dell’ordinamento italiano: “Non si tirino fuori sentenze di Sharia, Fatwe o tribunali islamici. Non abbiamo bisogno di risolvere un ghetto culturale con un ghetto giuridico. Basta il buonsenso della vera religione e l’ordinamento giuridico dello Stato occidentale. Altrimenti ci sarà sempre il rischio che si voglia trovare una soluzione ‘islamicamente’ o ‘pakistanamente’ o ‘cristianamente’. Ciò che dobbiamo fare -conclude- è trovare una soluzione con le misure che ci sono e soprattutto sperare che quella ragazza sia viva e stia bene”.

 

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